lunedì 21 maggio 2007

The humane dreamers

20 maggio 2007

Mio caro prof.
Leggo ora, forse abusivamente, la mail che ha scritto a Domenico.. Sono contento di leggere il suo racconto e la sua musica...
Le rispondo. In sottofondo le musiche di Yann Tiersen d'atmosfera un po' melanconica, anch'essa "scontenta"... forse romantica.


Non so se fosse il genius loci di Maletto a imprigionare i nostri sogni, però so che l'attività onirica si alimenta con tutto ciò che uno vede e registra coi propri occhi, aperti e attenti, e si articola talvolta secondo processi di compensazione... Allora, potremmo pensare che essendo troppe le cose da giustificare a vista, non si riuscisse neppure in sonno a riordinarle in una sintesi degna d'un vero sogno..
Perciò, spinto da questa esigenza inconscia e inespressa, cercavo una mia compensazione notturna ad occhi aperti, e la trovavo giustapposta poco prima di arrivare a casa guardando il suggestivo gioco di forme e di ombre che il fascio di luce dell'auto, e solo quello, creava con la vegetazione spontanea lungo un tratto ben preciso della via del ritorno: Un "breve" paesaggio surreale, sempre più esteso dopo ogni rientro.. Un quadro d'evasione...
Semplici scherzi di una mancata compensazione? Ben poca cosa rispetto al da farsi.

Peccato che fosse così solo al buio. Sognavo poco di giorno. Questo è il punto.
Immaginavo si, ma non sognavo.
Ho provato ad evocare immagini, suoni, a proiettare cortometraggi visivi tutt'intorno alla ferrovia ma fu giusto qualche guizzo iniziale, sospeso, interrotto; però, resto ancora convinto che il sogno, quello vero, parta da lì... e v'arrivi pure.
L'Etna c'è, il monte, il bosco, la foschia, le case, le cose ci sono.. Manca un sogno sugli uomini, degli uomini... che partono e che poi ritornano.

Forse il WOZ vuole stimolare questo sogno a venir fuori. Forse vuole proprio abituarci a sognare sulla gente che vive i luoghi e, quindi, aiutarli a farlo, di certo attraverso le riflessioni sulle architetture, sugli spazi e sui luoghi stessi. Non è facile e non sempre si riesce...
Del resto, perché bisogna sognare a Maletto, per Maletto?
Oppure, perché a Messina, per Messina e chissà dove!?

Credo che non si sogni più un po' ovunque, e a qualsiasi livello. Non si sogna più per le proprie città, nemmeno per chi le abita e non si investono sogni sul destino che accomuna fatti, cose e persone.
Mi sono sempre chiesto perché non si è mai realizzato un sogno sulla gente che vive nei quartieri più degradati della nostra città, nelle baracche, un sogno su quei bimbi, sui tanti poveri, sui senza tetto, e su tante altre cose.. Mi rispondo ancora che non avere sogni è la chiara espressione della volontà precisa di lasciare tutto così com'è, di prendere le distanze, di credere che il nostro destino è slegato da quello comune, più ampio.
Ma nessuno è un'isola! E nessuno è periferico!
Invece, avere un sogno è alzare lo sguardo e sperare che le cose vadano meglio, lavorare perché cambino pian piano, a partire dal basso, è spendersi per tenerlo vivo anche negli altri.
Allargando lo sguardo, potremmo dire che oggi anche i grandi sogni si sono spenti.. Non si sogna più per un mondo più giusto, pacificato, unito e più umano. Chi sogna? E chi ci crede poi? D'altronde, che possiamo fare noi piccoli uomini?
Insegnava il grande maestro ebraico Hillel: "Se ti trovi nella circostanza in cui non ci sono uomini, sforzati di essere uomo"...
Bisogna partire da noi, ne sono certo, da lì dove si è, ovunque si è. Partiamo da qui.
Paradossalmente, sognare sugli uomini, per gli uomini, è il modo più concreto per cambiare le cose, materialmente, oggettivamente, ed è forse un modo per iniziare a porsi il problema, ad affrontarlo, e cercare soluzioni...

Tempo fa leggevo dei commenti su Bruce Chatwin, un viaggiatore-scrittore che aveva avuto un forte interesse per le popolazioni nomadi ed il loro distacco dai possedimenti personali, definito visionario perché di ogni luogo e popolo conosciuto ne narrava poi una visione tutta personale, non più corrispondente al vero, distorta al punto da suscitare le critiche e la rabbia degli uomini che avevano confidato segreti, storie, aneddoti e condiviso gran parte della sua esperienza. Si riconoscevano fra le distorsioni dei suoi racconti e per questo si sentivano traditi, mal rappresentati, offesi nella loro essenza.
Forse Chatwin esagerava coi sogni.. forse proiettava su quella gente le aspirazioni e i desideri che quella stessa gente dimenticava di aver avuto e di averli persino forniti...
Lui ormai li aveva fatti propri e continuava a sognare..

Forse il WOZ vuole anche ricordare i sogni che si sono sognati, che restano ancora sopiti e, in qualche modo, provare a ridestarli suscitandone di nuovi..

Per questo, mi chiedo se la teatralità diffusa non sia già una connotazione propria del WOZ.. A forza di cercare e "scavuzzare" per costruire sogni, un po' teatranti si diventa..

Certo, il problema diventa serio quando si finisce per recitare un ruolo, sempre lo stesso, quasi imposto, poiché tutto va a discapito del sogno quando lo si riduce al "giogo del ruolo".. E così ci sarà poi un Master e ad ognuno verrà assegnato un ruolo, tutt’al più se lo sceglierà.. Conduce sempre il Master.. Nessuno vince. Peccato che il luogo sarà solo un fondale, resterà virtuale..

Non so cosa sarà WOZ. Magari nei prossimi anni avrà davvero la funzione di una terapia di gruppo, perché fatto da uomini che portano un bagaglio di esperienze ma anche di necessità che prescindono il luogo in cui ci si ritrova...
E quando le necessità di ognuno si incontrano con quelle degli altri e del luogo, viene fuori la parte più teatrale, forse per esorcizzarle o per sdrammatizzarle in un recita comune, che accomuna..

Non ho visto molti visi sognanti a Maletto, anzi, c'era nell'aria un po' di pessimismo e insano castigo: Visi abbastanza cupi e stanchi, scontenti, quasi sospettosi, forse indispettiti (eccetto quello della signora Capizzi del risto-bar "Le delizie"). Anche i ragazzi per strada erano così, e gli anziani sull'uscio e al bar, e le "guide" incerte che "prenderanno il volo" a Dicembre... o Gennaio? E poi, la giovane maestra che aspettava il treno, già rassegnata, avvilita e disperata.
Chissà, forse gli umori dipendevano dal tempo.. E forse anche i nostri. Chissà?
Don Angelo rideva. Lui si. Il sindaco, invece, sorrideva... e "colui che sorride quando le cose vanno male ha pensato a qualcuno cui dare la colpa" (legge di Jones - da Le leggi di Murphy)...

Anch'io sorrido.. perché a distanza di un mese o poco più, mi chiedo ancora che fine avrà fatto "l'uomo delle fragole", quel tizio dal volto pacioso con le gote rosse e il 3/4 alla Alfred Hitchcock, che incontrammo allo ZO di CT...
Lui, quel mammacucchiaro, s'è tenuto le fragole e.. tutti i nostri sogni.

Ne coltiveremo altri... Parola di wozzer!

Un abbraccio forte
Dario

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