
Alcuni di loro si saranno certamente laureati, altri magari già lavorano. Qualcuno sta seguendo la "carriera" universitaria con qualche dottorato o borsa di studio, altri ancora, magari o per malasorte, stanno studiando o hanno interrotto il rapporto con la scuola. Abbiamo iniziato il Woz, una volta giunti tutti al porto, con questo briefing. Io ho detto quel che andava detto, quali potevano essere le linee di ricerca, quali cose potevano essere disegnate e quali altre realizzate. Alcuni hanno fatto delle domande, altri si sono rintanati nel cantuccio delle loro case per mettere a posto borsoni e computers. Eravamo ospiti di una cooperativa che a Riace affittava, e lo fa tuttora, le case private. Quella, ad esempio, è la sala da pranzo (vedi foto successiva) di una casa piuttosto capiente, che diventò, allora, il nostro quartier generale.

Da lì ci siamo inventati (o abbiamo cooptato dalla organizzazione della vita da studenti) il fatto che il luogo in cui si abitava sarebbe potuto diventare, a Woz, il luogo del lavoro e dell'esecuzione delle cose. Così è stato, così continua ad essere. Poi, le case sono anche diventate stanze d'arte (nella seconda edizione più che nella terza). E da lì l'idea, condivisa da tutti, di cercare nelle relazioni "altre" la possibilità di allargare i confini ristretti che la progettazione impone. Parlare con nuovi interlocutori, confrontare discipline, assumere idee da altri campi: vedere, in sostanza, cosa accade nel campo del design quando lingue differenti confluiscono verso un comune obbiettivo. Così si precisano delle linee guida che l'anno successivo verranno strutturate con l'apporto di differenti soggetti.
Nessun commento:
Posta un commento