giovedì 27 marzo 2008

PALERMO (in sangue, carne e ossa)

Il quotidiano scorrere e l'arte contemporanea.

Ecco tutto, la miscela in cui cercare l'errore, o l'evento. Non è nel corso ordinario delle cose che dalle primissime avanguardie del novecento l'artista cerca la poesia ?

L'antica terra del Triscele, o Triskele, sicuramente la più attuale se pensiamo alla presenza quotidiana del simbolo, presenta a colui che « l'approda », un terreno particolarmente ricco di asperità, di particelle di sole, di esuberanti e veraci sapori, ben grasso e impregnato di principi attivi, che la trasparente, brillante, fredda modernità non ha ancora reso asettico con le sue squallide frustrazioni, le sue inutili certezze, il suo idiota perbenismo, le sue cieche ambizioni. Un humus in cui stranamente coabitano sostanze organiche endogene ed esogene, diverse e spesso opposte, punti di tensione che sprigionano un'energia di rara potenza, concentrata, stimolante, come una tazzina di quel caffè tanto pastoso che si può masticare e che poi svapora in voluttuose lotte di potere sugli altri sapori.

Ecco che tutta la carica salina del Mediterraneo entra dispettosa nelle case siciliane sollevando tendine e umori, gioiosamente, nel destino delle nostre povertà quotidiane, nella pelle del pescatore e nelle bucce di limone, nelle mura della città che rinasce e si rinnova ogni anno con « riti » talvolta oscuri e triviali, ora macchiati di sangue, ora macchiati di pittura, di arte, di « erotismo », spontanea « poesia » gettata li, nel mezzo della piazza, e pronta ad estinguersi in una vampata. Declamazioni improvvisate.

Con sentita sofferenza pare si viva quotidianamente una Palermo in decadenza, puntualmente minata di paura, ma sempre velata di luttuosa rassegnazione, cose che lo straniero, finché tale resta, può solo ascoltare, fiutare o immaginare. Ci vuole tempo per entrare nelle case della gente, ovunque, ma a volte bastano poche parole, uno sguardo nel vuoto, un'esitazione, o un veemente rifiuto, per capire che qui le «cose» hanno rapporti più complessi, la matematica non dice sempre la verità ! Il quotidiano scorrere è attraversato da una lunga storia che penetra nei pori della pelle e delle mura dal profondo dei miti e dei credo, in un paese in cui, come dice Vivian Celestino, «bisogna schierarsi. appassionarsi. essere per, essere contro. ».

Cosa ci guadagniamo noi, timidi "europei", da questa « Trinacria » ? Le strade infestate di bocche deformate che urlano contro il potere, che imprecano un dio invano, che cantano languide e false canzoni d'amore, che spalancano veraci sorrisi primaverili. Sicuramente la freschezza di un mare limpido eppure corrotto e agro di petrolio, le sarde a beccafico, il fango impuzzolito di pesce sui selci di Vucciria o Capo o Ballaro', la magnanimità della luce, i colori piccanti delle spezie, la nascosta onnipresenza dei miti, il racconto di storie vere, la generosità dell'arancio e dell'amico. E parole, tante parole, parole di bancone, parole di taverna, parole di piazza, ambigue, opache, bieche, insidiose, lascive, barocche, frivole, allegre, buffe, dispettose o capricciose, ma in fondo tutte profondamente indomite, talvolta talmente intense e fuggevoli da lasciare impietrito l'orecchio colpito. Perché sono solo un attimo di senso, una palla che si coglie al volo e si rigetta in aria, oppure scivola via e svanisce… E' un attimo, qui è tutto un attimo, solido e decisivo.

Ed il cavallo arabo di Albergheria dove lo mettiamo ? Qui animale domestico per eccellenza, è proprio il caso di dirlo, lo si vede trottare sull'asfalto arido del quartiere ingroppato da un ragazzino senza pietà, dopo aver dribblato al galoppo chissà quanti motorini, anch'essi ingroppati da ragazzini senza pietà ! ! ! Ora « cosa » utile, macchina da gioco d'azzardo a cielo aperto, ma in sangue, carne ed ossa, ora creatura amica e curata – sempre dal solito ragazzino, ma stavolta con pietà – domani forse rimpianta dalla fredda e anemica modernità, a meno che sempre la solita personcina, ormai adulta, conservi in sé quel ragazzino che in groppa a un cavallo arabo dribblava schizofrenici motorini ingroppati da ragazzini senza pietà.

Pausa.
Un attimo di caffè.
Dietro l’angolo due piccoli “ammunì ! ammunì !” punteggiano l’aria. La televisione canta ancora Madonna mentre qualcuno, barba, pancia, tuta gialla, si esalta davanti al giornale di sicilia, i rosa-nero hanno vinto 2-1 col Catania.
Mi dà un bicchiere d’acqua per favore? Che frase limpida, e fresca! Va su e giù liscia liscia che è un piacere. Mi dà un bicchiere d’acqua per favore?
Sotto le scarpe è liscio granito nero, sfavillante, grazie, grazie a lei.
Non c’è soglia, poi è di nuovo polvere.

Palermo è un coacervo di diversità che quotidianamente si strofinano, si toccano, si allontanano, spesso si ignorano, a volte si scontrano. Alcune più nobili, che si presentano gaiamente e sempre in rinnovata veste. Altre, per nostra fortuna, più odorose di sudore e fatica, ed altre ancora, sopravvissute sordide e sporche.
Salvifica e terrificante bellezza di «crude» realtà, che sembrano persistere vive dal tempo di chissà quali riti sacrificali, realtà che ti si sbattono in faccia mentre tu stai li', da bravo architetto, a guardare distrattamente il tafferuglio di volute barocche, ogive medievali e aborti della speculazione edilizia… Oggi nemiche, domani indifferenti, poi chissà complici, ma tutte misteriosamente compresenti, tutte che si affacciano sullo stesso cubo d'aria, fumo di carne arrosto e vapori di vino.
Realtà imbarazzanti perché talmente vicine che, tira di qua, tira di là, prima ti rimettono coi piedi per terra e poi ti invadono, ti travolgono, ti sollecitano e ti caricano di stimoli di ogni sorta.

Ed è li che ti fai acchiappare e sedurre, con frizzante piacere o liscia sottomissione, dalla sconcertante sensualità delle tensioni in gioco tra gli opposti che forgiano l'atmosfera.

Senza riflettere il bene e il male, il bello e il grottesco, si accoppiano in una danza frenetica confondendone l'immagine, e rendendoci per un attimo ricettacoli di sussulti terreni. Sono tensioni che a volte aprono ferite probabilmente inguaribili, e che forse servono « solo » a farci capire che siamo « solo » esseri umani. Siamo "Sussulti". Non è poco.

Non ci resta che immaginare allora tutta l'arte che puo' prendere vita qui, dall'interno di questo groviglio incontrollabile di universi disparati… Tutta l'arte che puo' alimentarsi ogni giorno da questo pastoso terreno perfettamente instabile, per poi rialimentarlo, che cosa possiamo aggiungere a questi straordinari « topoï » cosi già pieni di sapori dissonanti se non altre spezie ? Dal suo centro infernale Palermo sembra un disordine la cui completezza è quasi perfezione, una cosa movente che gira su se stessa e nel contorcersi magmatico porta con se pezzi da tutt'intorno – per « simpatia » direbbe Foucault. Pezzi che si accumulano e si mescolano formando una massa incoerente e impura.

Quali emergenze prenderanno vita da questo atavico caos ?

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